Twitter Storm 2.0, il test sorprendente di una low cost Made in China | Cyclinside.it

2022-08-20 12:12:27 By : Mr. Sumter Lo

Telaio in carbonio monoscocca, forcella ammortizzata ad aria con cartuccia regolabile e lock-out a manubrio, trasmissione Shimano Deore a 12 velocità. Prezzo? Soli 1799 euro.

È una bici “cinese”? Esatto, ci avete preso: è una vera e propria bici cinese, nell’accezione più ricorrente che noi ciclisti occidentali abbiamo radicata in mente di questa espressione: quella che abbiamo fatto questa volta – cari amici di Cyclinside – è una prova particolare, abbiamo messo sotto torchio una mtb low-cost progettata, prodotta e marchiata da una azienda della Cina Popolare, proprio lì dove sono prodotte molte “specialissime” siglate con marchi dal blasone e dalla fama decisamente maggiore di questo Twitter con cui facciamo conoscenza in questa occasione.

La bici testata è una mtb, e avevamo molto interesse a provare una bici che nell’immaginario di tanti forse rimanda alla bassa qualità, alla scarsa affidabilità dei componenti, alla scarsa cura nei dettagli.

Le impressioni della prova di cui vi diremo a breve vi faranno cambiare idea; ve ne parliamo non prima di aver ricordato che questa Twitter ha anche un altro innegabile plus in questi tempi in cui la maggior parte delle bici sono praticamente introvabili sia nei tradizionali negozi fisici, sia nei canali di vendita on-line. Questa Twitter modello Storm 2.0, infatti, non ci arriva direttamente dal distretto di Shenzen (mille chilometri a sud di Pechino, dove Twitter progetta, realizza, vernicia e poi esporta le sue bici) ma decisamente da più vicino, dalla Pro-Bike, storico punto vendita della Capitale, che da qualche mese sta commercializzando questo marchio assieme ad altri tre rivenditori sempre della zona romana (Cicli Petta, New Limits e Cicli Bortolotto); per ora lo stanno facendo con il settore mtb, ma a breve arriveranno anche le gravel e poi le road bike, e – ci spiega il titolare di Pro-Bike Alessandro Bianchi – ha in magazzino scorte  (e taglie) adeguate per soddisfare in tempi rapidissimi ogni richiesta proveniente entro i nostri confini.

Prima di vedere come va, però, iniziamo con il descrivere questa 29er destinata (principalmente) all’utilizzo cross country e marathon.

Nel suo stabilimento di Xintang Village Twitter ha realizzato una linea completa di produzione di telai in carbonio dal 2015. Le fibre che formano un telaio come quello della Storm 2.0 (e come questa anche i telai in carbonio “strada”) utilizzano un blend di T800, T900 e T1000, ovvero fogli in composito ad alto modulo, laminati su stampi preformati che danno forma ai comparti di origine e a loro volta assemblati per dare forma al telaio finito attraverso polimerizzazione con stampi in acciaio messi in pressione.

È appunto il procedimento di costruzione “monoscocca”, che in questo caso consegna un telaio che a livello estetico non ci sembra avere alcuna imperfezione e che tra l’altro viene ulteriormente abbellito grazie a un procedimento di finitura esclusivo, anche questo effettuato tutto in azienda: il carbonio viene interamente trattato superficialmente con un trattamento ceramico, che assegna alla finitura che riveste il carbonio una particolare resistenza.

Inoltre, loghi e grafiche che vengono stese sul telaio, sono realizzate con un particolare procedimento che “taglia il colore” e che assegna ai fregi un’accattivante finitura riflettente e cangiante, che cambia tonalità e lucentezza a seconda di come la si guarda e di come la luce li colpisce. E anche in questo caso, si tratta di prerogative che non è facile trovare su un telaio low-cost come è questo.

Ma passiamo alla geometria e alle dimensioni: l’impostazione dimensionale e angolare è quella di una classica hard tail da gara, sagomata con profili piuttosto voluminosi delle tubazioni, completata con una zona del “nodo” di sterzo piuttosto massiccia e robusta, e predisposta per un cannotto forcella tapered. Degna di nota la forma del seat tube, che per compattare il carro posteriore (e renderlo più reattivo), per assicurare il massimo passaggio ruota possibile e allo stesso tempo garantire l’arretramento e l’inclinazione “di sella” proprie di una mtb da XC racing come è questa produce una leggera e progressiva curvatura all’indietro.

Molto massiccia e solida è anche la zona della scatola, che alloggia un movimento press-fit. Il carro posteriore di questa taglia M/18” (ma sono disponibili anche la  S/15” e la L/19”)  ha misurato 43 centimetri, un valore relativamente compatto anche grazie a una battuta posteriore che aderisce al vecchio standard dimensionale da 135 millimetri e che utilizza il classico quick-release per fissare la ruota. Lo stesso ovviamente accade per la forcella, una forcella che di classico non ha solo le punte per QR, ma anche la battuta da 100 mm; anche la forcella è prodotta da Twitter ed anche lei ha l’esclusiva finitura cangiante delle decal: i millimetri di escursione sono 100, con elastica aria/olio regolabile con accesso della camera in cima allo stelo sinistro e con lock-out gestibile dal manubrio posizionato in cima allo stelo destro. Telaio e forcella prevedono un attacco Post Mount delle pinze disco.

Passiamo ai componenti, perché anche qui la maggior parte di ciò che è montato è siglato con il marchio Retrospec, che rientra nell’orbita di Twitter; siglate Retrospec sono prima di tutto le ruote, con cerchio in alluminio largo 28 millimetri, con gola interna da 24 e con destinazione per le classiche coperture+camera. I mozzi in alluminio hanno un design piuttosto massiccio e alloggiano rotori in acciaio monoblocco da 160 mm – sempre Retrospec.

Passiamo alla trasmissione e all’impianto frenante, dove ci sono gradite incursioni di parti di un marchio celebre come Shimano, che fornisce leve e pinze di classe Deore, e ancora il cambio posteriore e il comando cambio sempre della serie Deore per le dodici velocità. Il pacco pignoni, invece, è siglato SunShine, ha una scala 11-50 perfettamente compatibile con il cambio Shimano e ingranaggi in acciaio fissati su uno spider in alluminio Cnc. Guarnitura: è una essenziale monocorona in acciaio forgiato, con corona da 34 denti fissata con pregevole bulloneria in ergal anodizzata nera che la abbellisce non poco a livello estetico.

Completano la Storm 2.0 un reggisella, un attacco manubrio e una curva manubrio (da 72 cm) in alluminio e una sella sempre siglati Retrospec. La scritta “Twitter” invece torna a comparire sulle belle manopole con finitura in simil pelle. E – anche questo – è un altro bel dettaglio estetico che forse tanti non si aspetterebbero di trovare su una “bici cinese”.

Il peso? In questo allestimento (che è l’unico commercializzato) la Storm 2.0 ha fatto fermare l’ago della bilancia a 12 chili netti.

Mai come per un prodotto di fascia basica – o più precisamente un prodotto con un prezzo che lo colloca nella fascia delle entry-level – il giudizio frutto della prova sul campo va sempre tenuto a braccetto con il livello di prezzo, che – lo ripetiamo ancora – è assolutamente interessante e concorrenziale rispetto a quel che si trova sul mercato. Volendo paragonare questa front con le entry-level da XC marathon dei principali marchi presenti sul mercato ci accorgiamo che bici in carbonio su questa fascia di prezzo se ne trovano con moltissima difficoltà e quando si trovano si parte da un “base” di circa 2300/2400 euro.

Impressioni di guida? L’impostazione geometrica è angolare della Storm 2.0 è quella classica delle mtb “race”, con un angolo di sterzo piuttosto maneggevole e un carro discretamente reattivo. Certo, i 12 chili di peso complessivo (senza pedali) sono un fardello non indifferente sulla strada delle prestazioni, prima di tutto in salita ma anche nel rilancio di velocità, ma è evidente che a questo prezzo la leggerezza complessiva è il primo parametro cui bisogna rinunciare. Detto questo, a incidere sul peso sono state soprattutto le ruote, che da sole hanno segnano quasi 5 chili, ulteriore conferma di quanto invece valido e anche leggero sia il frame e i componenti su di esso montati.

La forcella? Prima di tutto il lock out aziona un blocco vero, che inibisce totalmente la corsa e diventa un grande alleato quando si va in salita, su asfalto. A livello elastico, invece, l’affondamento è piuttosto progressivo come deve essere nel mountain biking, così come anche la sensibilità a “copiare” e assorbire gli ostacoli a basso impatto è stata buona, e questo a tutto vantaggio di una guida stabile e sicura non solo quando si transita sulle discese tecniche o scassate. Certo, la gommatura tradizionale (e non tubeless) non è amica delle basse pressioni e della ulteriore capacità di “copiare” il terreno, ma c’è da dire che con coperture 29er e un canale largo come quello delle ruote trovate montate gonfiare a pressioni relativamente basse (circa 1.8/1.6 bar) è comunque possibile senza il rischio di pizzicare. Allo stesso, modo, su una bici di questo tipo (e ripetiamo di questo peso) il fatto che le ruote non siano fissate al telaio con i perni passanti oppure che il carro posteriore non sia boost non è certo un limite o elemento che ne compromette l’affidabilità.

Due parole sulla trasmissione, impeccabile nel suo essere in gran parte fornita da Shimano. Nel complesso buono anche il funzionamento dell’impianto frenante sempre di classe Deore, con il solo limite che nelle discese davvero lunghe la leva tende un po’ a indurirsi (anche perché le pastiglie sono in questo caso organiche).

In sintesi: la Storm 2.0 può essere un’ottima opzione se siete alla ricerca di una front affidabile con cui scorazzare praticamente su qualsiasi percorso in fuoristrada, ma farlo senza le pretese o le aspettative che possono fare al caso di un agonista o di uno specialista del mountain biking.

Evidentemente un mezzo del genere si rivolge a un’altra tipologia di pubblico, decisamente più allargata, probabilmente proprio quella che in questi tempi di bike boom si vuole avvicinare in modo serio – ma non esasperato – alle due ruote, farlo con una soluzione (muscolare) in grado di andare ovunque (perché no, una bici del genere è adatta anche per passeggiate più rilassate nel parco o per il neofita che alterna il fuoristrada leggero a tratti di asfalto) e farlo con una spesa complessiva più che ragionevole e che da comunque la soddisfazione di avere una bici in carbonio, dal look accattivante e dalla buona funzionalità. Che poi sia tutto “made in china”, in fondo quando si è in sella importa poco.

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